
L’art. 337 del codice civile costituisce uno strumento concreto ed efficace al quale si può ricorrere per sollecitare un intervento giudiziario rapido al fine di dirimere dissidi tra i genitori, separati o divorziati, relativi all’esercizio della responsabilità genitoriale. La norma stabilisce che il giudice tutelare deve vigilare sull’osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilito per l’esercizio della responsabilità genitoriale e per l’amministrazione dei beni.
Un’attenta e recente giurisprudenza è largamente intervenuta utilizzando la norma in questione per porre riparo a situazioni d’urgenza nei conflitti genitoriali, tipizzando poteri di più ampio respiro rispetto a quanto sino ad oggi visto ed introducendo progressivamente la c.d. funzione di cd. "vigilanza attiva" del Giudice Tutelare (cfr. Trib. Milano, decreto 22.06.2015), per controllare il rispetto dei provvedimenti sull’affidamento della prole assunti sia dal tribunale per i minorenni, che dal tribunale ordinario in sede di separazione o divorzio tra i genitori. L’estensione del campo di applicazione della norma presuppone l’interpretazione delle condizioni della separazione o del divorzio ma non attribuisce al giudice tutelare poteri decisori o modificativi. Tuttavia, l’assenza di un potere di modifica riguarda solo le questioni di primaria importanza ossia l’affidamento, il collocamento e il quantum del mantenimento, ma non anche le c.d. questioni accessorie o meramente esecutive nell’ambito delle quali va inclusa la cornice dei tempi di frequentazione tra prole e genitori.
Una conferma del ruolo attribuito al Giudice Tutelare si rinviene nell’art. 6, comma 10, della legge sul divorzio (L. n. 898/1970): “all’attuazione dei provvedimento relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito (,..). A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del P.M. al giudice tutelare”.
Il vantaggio di ricorrere al Giudice Tutelare anziché al Tribunale in composizione collegiale sta anche nel fatto che il procedimento, nel primo caso, è molto più veloce. Il Giudice, nell’assumere la propria decisione, ed anche al fine di indurre la parte “inadempiente” a superare le proprie resistenze richiamandola al rispetto del regime previsto, a norma dell’art. 344 c.c. "può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni", vale a dire, può:
- avvalersi dei servizi sociali per indagini socio-ambientali sul nucleo familiare, ovvero delegando l’audizione indiretta del minore;
- rivolgersi ai consultori familiari, alle strutture sanitarie, agli organismi di volontariato e assistenza, alle forze di polizia ed ai servizi comunali;
- nominare un consulente tecnico d’ufficio per gli accertamenti ritenuti opportuni;
- modificare gli accordi di separazione vigenti se i genitori vi aderiscono;
- trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica c/o il tribunale per i minorenni per i provvedimenti di sua competenza;
- accertare nel verbale conclusivo del procedimento, le eventuali violazioni che abbia rilevato e per le quali non vi sia stato da parte del genitore inadempiente uno spontaneo adeguamento, così fornendo al futuro giudice dell’intervento di modifica nel merito una prova documentale utile per una celere conclusione del processo di revisione;
- formulare ai genitori le prescrizioni ritenute più opportune nel rispetto delle statuizioni adottate dal giudice del merito.
In alcuni casi, si è anche ammesso un intervento del G.T. con funzione preventiva, al fine di evitare rischi di pregiudizio al minore. (cfr. Trib. Minorenni Milano, decreto 5.02.2010) e nello spirito di una leale collaborazione tra autorità giudiziarie con il fine preminente di garantire incondizionata tutela ai fanciulli, in linea con le indicazioni offerte dalle Linee Guida del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore, adottate dal Comitato dei Ministri il 17.11.2010.
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